Area archeologica di viale Stazione / via degli Scavi
Montegrotto Terme, I secolo a.C. – III secolo d.C.
Storia degli Studi
Nel corso del XVIII secolo emersero in area diversi resti archeologici: tra essi, ai piedi del Colle Bortolone, si rinvenne nel 1766 una statua maschile. Il reiterarsi dei ritrovamenti spinse il proprietario del fondo, il nobile padovano Giovanni Dondi dell’Orologio, a effettuare scavi sistematici, che si svolsero tra il 1781 e il 1788. Si scoprirono così le vasche, ancora rivestite di splendidi marmi policromi. Il rilievo effettuato da Salvatore Mandruzzato all’epoca dei ritrovamenti offre una documentazione preziosa, in quanto completa di parti strutturali oggi non più conservate. Con il tempo i resti, già oggetto di svariati saccheggi, si reinterrarono. Nel 1953, nell’ambito di lavori edilizi, emersero altre strutture antiche e di conseguenza l’area venne prima vincolata (D.M. 3 aprile 1954, D.M. 4 febbraio 1967, D.M. 20 agosto 1968) e poi acquisita al demanio (1977, 1985, 1986). Gli scavi sistematici del 1965 dimostrarono che le strutture individuate negli anni Cinquanta facevano parte di un piccolo teatro e rimisero in luce le vasche scoperte nel Settecento e il vano rettangolare a ovest di queste; con scavi successivi si rinvenne il sistema di adduzione idrica delle vasche (1968), l’edificio con le absidi (1970) e l’ipotizzato portico (1994-1995).
Descrizione
Età romana
Delle terme romane di via degli Scavi restano tre vasche (A, B, C). La vasca A, oggi visibile solo parzialmente, era rettangolare, inserita in un ambiente mosso da un’abside in corrispondenza del lato corto scomparso; dalla parte opposta, a ridosso della vasca, c’erano quattro basamenti, forse per arredo scultoreo decorativo o per colonne. La vasca B, anch’essa conservata solo in parte, era pure rettangolare, ma con lati corti curvilinei e si trovava in un ambiente dalla stessa forma biabsidata e dotato di una grande nicchia su uno dei lati lunghi. La vasca C, interamente visibile, ha forma circolare; occupava tutto lo spazio del vano dedicato, i cui muri perimetrali risultano molto poderosi. In tutte le vasche, il piano-vasca era accessibile tramite una o più scalette.
Completavano il gruppo termale alcuni ambienti, situati tra la vasca B e la C e davanti alla C: non si esclude che il complesso si disponesse sul perimetro di un’area scoperta, ma questa ipotesi deriva esclusivamente dalla lettura della pianta del Mandruzzato e non è più stata verificabile con gli scavi recenti. Non sappiamo se le vasche fossero a cielo aperto o parte di un edificio termale coperto: la seconda ipotesi parrebbe più plausibile per la presenza dei contrafforti esterni alle vasche A e C, ma gli studi in merito sono attualmente in corso.
Un fitto sistema di canalizzazioni (G) collegava le vasche a una ruota idraulica (noria), i cui vani di alloggio (H) sono ancora conservati a poca distanza dalle vasche stesse.
Del piccolo teatro (E) restano le fondazioni dell’edificio scenico e la gettata di opera cementizia che supportava le gradinate della cavea. La struttura era in origine totalmente rivestita di marmi decorati e riccamente ornata con preziose pitture, raffinati stucchi e altre decorazioni. La cavea poteva ospitare qualche centinaio di persone; le rappresentazioni si svolgevano principalmente sul lungo, largo e basso palcoscenico, antistante la cavea e chiuso alle spalle da un fondale in muratura (”scaenae frons”) con tre porte e nicchie decorative. Nel lungo ambiente dietro il fondale scenico si svolgevano le fasi preparatorie dello spettacolo, mentre i due vani simmetrici, che abbracciano esternamente la cavea, fungevano probabilmente da “foyer”, tant’è vero che da essi partivano i corridoi che conducevano direttamente allo spazio semicircolare ai piedi di cavea e palcoscenico (”orchestra”). Qui, nei teatri di tradizione latina come questo, potevano essere allestiti dei sedili mobili (”subsellia”) dove far accomodare il pubblico più illustre, oppure potevano trovar posto i musici che accompagnavano la rappresentazione. Questa consisteva infatti probabilmente in esibizioni canore, mimiche e danzate e in letture recitate.
Le strutture poste al culmine della curva della cavea costituiscono un’aggiunta all’architettura originaria; esse sorreggevano forse una sorta di palco d’onore (”tribunal”) o – ma l’ipotesi è molto dubbia – un piccolo tempio. Anche i vani esterni al “foyer” settentrionale sono aggiunte posteriori, più tardi ancora degli interventi relativi alla cavea.
L’edificio D, conservato solo in fondazione e oggi in corso di restauro, è il più misterioso dell’intero complesso. Certamente, al centro della corte quadrata scoperta, c’era una vasca circolare e forse altre vasche occupavano le due absidi e almeno alcuni degli ambienti rettangolari affacciati sulla stessa corte. Ad oggi si interpreta come edificio ricreativo di complemento al complesso termale.
L’edificio F, conservato a livello di fondazione, presenta una particolarità nella planimetria: alla sequenza ambiente piccolo/grande del settore nord risponde la sequenza speculare inversa di quello sud. Tale disegno ha fatto in passato ipotizzare che l’edificio fosse lo spogliatoio delle terme (”apodyterium”) con l’ingresso maschile differenziato dal femminile, ma l’interpretazione è dubbia: esso sembra piuttosto un’aggiunta relativamente tarda e del tutto scollegata dal resto del complesso.
Tra le altre strutture emerse, la coppia di fondazioni parallele (L) ha fatto pensare ai resti di un portico che delimitasse a nord l’area dove sorge l’edificio D.
Cronologia
Vasche e canalizzazioni: seconda metà del I secolo a.C./inizio del I secolo d.C.; teatro: fine del I secolo a.C./inizio del I secolo d.C. con rifacimenti successivi (forse II secolo d.C. e III-IV secolo d.C.); edificio D: incerta (forse II secolo d.C.); edificio F: incerta (forse III secolo d.C.).
Contesto geografico ed urbanistico
Gli edifici occupavano la piana a settentrione del basso rilievo storicamente noto come Colle Bortolone o Montegrotto.
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Da via degli Scavi. L’area è visitabile.
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